La rottamazione delle cartelle, come noto, può avere ad oggetto anche ruoli per cui pende un giudizio. In questo caso il contribuente, che presenta domanda di rottamazione, deve impegnarsi a rinunciare al giudizio. A seguito della rottamazione, le spese del giudizio vanno compensate tra le parti. Ma facciamo un passo indietro.

Rottamazione di una cartella oggetto di un giudizio pendente

La rottamazione delle cartelle, anche indicata come definizione agevolata dei ruoli [1], può essere richiesta anche in caso di giudizio pendente.

In altre parole, il contribuente può decidere di rottamare una cartella, anche se per la stessa ha già presentato una impugnazione.

In questo caso la rottamazione incide anche sul giudizio in corso, tecnicamente definito “pendente”. Infatti è obbligatorio rinunciare al giudizio in corso per poter rottamare le cartelle interessate dal processo.

Questo impegno va assunto già al momento in cui si presenta la domanda di rottamazione. Infatti nei moduli prestampati, con cui va richiesta la rottamazione, è inserita una apposita casella da sbarrare in caso di rinuncia al ricorso.

In ogni caso per giudizio pendente si intende qualsiasi giudizio per cui non è stata ancora emessa una sentenza definitiva.

Quindi un giudizio avente ad oggetto una cartella di pagamento:

  • va considerato pendente dal momento in cui viene presentato il ricorso, introduttivo del giudizio di primo grado;
  • va considerato pendente finché non viene emessa una sentenza passata in giudicato. Quindi il giudizio è pendente anche durante il termine per presentare appello o ricorso in Cassazione.

Conviene rottamare una cartella precedentemente impugnata?

Nel caso in cui si voglia rottamare una cartella già impugnata, per verificare la convenienza della rottamazione va ovviamente valutato lo stato del giudizio.

In altre parole, quando c’è un giudizio pendente bisogna fare una previsione del possibile esito del giudizio stesso.

Per capirci meglio facciamo qualche esempio:

  • è conveniente chiedere la rottamazione quando si è già avuta una sentenza sfavorevole. Ad esempio può convenire la rottamazione se il contribuente ha già perso in primo grado e ha proposto appello, che presumibilmente gli darà torto. In questo caso il contribuente deve rinunciare al giudizio di appello;
  • è conveniente chiedere la rottamazione quando ci siamo accorti di aver fatto un errore nel presentare il ricorso. In altri termini, può accadere che la cartella impugnata sia effettivamente illegittima. Ma se il ricorso è stato presentato tardivamente, la sentenza dichiarerà l’inammissibilità del ricorso, confermando la cartella impugnata, che, anche se illegittima, si consoliderà;
  • conviene rottamare una cartella di pagamento già impugnata quando il risparmio che si ottiene con la rottamazione è molto elevato. Facciamo l’esempio di una cartella contenente solo sanzioni, che con la rottamazione vengono annullate integralmente. In questo caso la rottamazione conviene anche se abbiamo già ottenuto una sentenza favorevole di primo grado. Infatti con la rottamazione il giudizio si chiude e non rischiamo che una sentenza di appello ribalti il giudizio a favore della Agenzia delle Entrate.

Per valutare la utilità della rottamazione in generale ti suggeriamo l’articolo Quali cartelle conviene rottamare?.

Chi paga le spese del giudizio rottamato?

Come detto, la rottamazione ha ad oggetto le cartelle di pagamento e non le liti fiscali, ovvero i giudizi in corso aventi ad oggetto una pretesa fiscale.

Ma, dato che possono essere rottamate anche le cartelle per cui è stato presentato ricorso, in qualche modo la rottamazione incide anche sul contenzioso in corso.

Nel caso in cui decida di rottamare una cartella precedentemente impugnata, il contribuente deve impegnarsi a rinunciare al giudizio.

Si pone dunque il problema di capire su chi ricadano le spese del giudizio già iniziato.

Ebbene, secondo una recentissima circolare della Agenzia delle Entrate (scaricabile in pdf alla fine di questo articolo), le spese vanno compensate, ovvero ogni parte del giudizio si dovrà fare carico delle spese già pagate per il giudizio [2].

Quindi, ad esempio, il contribuente dovrà definitivamente accollarsi:

  • le spese di notifica del ricorso;
  • il contributo unificato;
  • il compenso del difensore al quale è stato affidato l’incarico.

In particolare, la compensazione delle spese si spiega perché la rottamazione di una cartella impugnata comporta la cosiddetta cessazione della materia del contendere [3].

Di diverso avviso è stata però la Cassazione in qualche recente episodio [4]. I giudici infatti, nonostante la rottamazione dei ruoli oggetto del giudizio, hanno condannato il contribuente a rimborsare le spese del giudizio alla Agenzia delle Entrate (il provvedimento è scaricabile in pdf alla fine di questo articolo). Tale decisione è stata motivata sulla base del principio di cosiddetta soccombenza virtuale: se il contribuente non avesse presentato domanda di rottamazione, avrebbe perso la causa e quindi sarebbe stato condannato alle spese.

La Cassazione in questo caso sembra quindi aver considerato la rottamazione non come cessazione della materia del contendere, ma come rinuncia al ricorso [5]. Per una pronuncia di segno contrario ti consigliamo di leggere l’articolo Rottamazione Equitalia e rinuncia al giudizio: spese compensate?.

Quindi, ricapitolando:

  • se la rottamazione viene intesa come cessazione della materia del contendere, le spese vanno compensate;
  • se la rottamazione viene intesa come rinuncia al ricorso da parte del contribuente, questo rischia di essere condannato alle spese se il ricorso appare infondato.

Articolo originale: http://www.laleggepertutti.it/157234_rottamazione-con-giudizio-pendente-attenzione-alle-spese-di-lite

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