La non condivisibile originaria scelta del legislatore di considerare la querela sempre revocabile – atteso che la vittima potrebbe subire pressioni da parte del soggetto attivo volte alla remissione della stessa – ha indotto il legislatore, con la più volte citata novella del 2013, ad accogliere le critiche mosse dalla dottrina (8) e a prevedere, da un lato, che l’eventuale remissione di querela possa essere esclusivamente processuale (9) e, dall’altro, che la querela sia irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, comma 2, cp (10).
Lo scopo di una irrevocabilità limitata alle ipotesi tassativamente previste, evidentemente, è quello di contemperare due diverse esigenze: per un verso, quella di sottrarre la vittima ad ulteriori pressioni da parte del suo stalker, finalizzate alla remissione della querela; per altro verso, quella di lasciare un margine di libertà alla volontà individuale della stessa, in una materia delicata come quella dei rapporti interpersonali che spesso stanno alla base di questa tipologia delittuosa.
L’art. 612 bis c.p. prevede che, in due casi eccezionali, il reato di atti persecutori sia perseguibile d’ufficio .
REQUISITI per la configurabilità del reato ….
Sez. 6, n. 31309 del 13.5.2015, Rv. 264334. Nello stesso senso, Sez. 5, n. 41040 del 17.6.2014, Rv. 260395, secondo cui: “Nell’ipotesi di atti persecutori commessi nei confronti della moglie separata, l’attendibilità e la forza persuasiva delle dichiarazioni rese dalla vittima del reato non sono inficiate dalla circostanza che all’interno del periodo di vessazione la persona offesa abbia avuto transitori momenti di benevola rivalutazione del passato e di desiderio di pacificazione con il marito persecutore”; Sez. 5, n. 46446 del 21.11.2013, non massimata, secondo cui l’interesse della vittima al mantenimento del rapporto con l’autore degli atti persecutori è inidoneo ad escludere la configurabilità del reato.
A tal proposito la giurisprudenza di legittimità è più volte intervenuta ad individuare il livello di prova necessario per poter dire realizzato il delitto di cui all’art. 612 bis c.p., esigendo, per ciò che riguarda l’evento consistente nel “grave e perdurante stato di ansia o di paura”, che la relativa dimostrazione sia desunta da elementi sintomatici di tale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando la sua astratta idoneità a causare l’evento e il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo dell’azione (1) .
Come già evidenziato, il giudice non deve necessariamente fare ricorso ad una perizia medica, potendo ritenere sussistenti gli effetti destabilizzanti della condotta dell’autore sull’equilibrio psichico della vittima anche sulla base di massime di esperienza (2).
Sempre in tema di rimessione di querela “processuale”….
In riferimento al diverso regime della rimessione di querela in ambito processuale, si è previsto con riferimento al delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis c.p., che, dopo la modifica apportata con decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con legge 15 ottobre 2013, n. 119, all’ultimo comma dell’art. 612 bis, oggi prevede che “La remissione della querela può essere soltanto processuale”, come pure per il nuovo art. 612 ter c.p., “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, introdotto con legge n. 69 del 19 luglio 2019, c.d. Codice Rosso. Con particolare riferimento alla remissione extraprocessuale, l’art. 152 c.p., al comma secondo, prevede che possa essere espressa o tacita, precisando al comma terzo che 94“Vi è remissione tacita, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela”. Tra i fatti incompatibili cui la norma fa riferimento, ha posto particolari questioni in giurisprudenza la mancata presentazione in giudizio della persona offesa, superate tuttavia nel 2016, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 31668, in cui si afferma che “Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela”. Tale soluzione è stata recepita dal legislatore con la riforma Cartabia, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto due nuovi commi (il nuovo terzo comma e il nuovo quarto comma) all’art. 152 c.p. In particolare, ai sensi del nuovo terzo comma, vi è altresì remissione tacita: 1) quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone; Ai sensi del nuovo comma quarto, tuttavia, tale disposizione non si applica quando il querelante è persona incapace per ragioni, anche sopravvenute, di età o di infermità, ovvero si tratti di persona in condizione di particolare vulnerabilità (art. 90 quater c.p.p.). Del pari, la remissione tacita di querela è esclusa quando la persona che ha proposto querela ha agito nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale su un minore, ovvero di rappresentante legale di una persona minore o incapace, ovvero di persona munita di poteri per proporre querela nell’interesse della persona offesa priva in tutto o in parte di autonomia, ovvero di curatore speciale nominato ai sensi dell’art. 121 c.p. 2) quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati.
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