L’impatto nei rapporti con il figlio
Una punto di vista che la Suprema corte ribalta. L’uomo, pur non essendo soggetto vulnerabile e malgrado non si sottraesse a una convivenza intollerabile, era comunque vittima del reato di maltrattamenti in famiglia, configurabile anche in assenza di violenza fisica e da un intento di sopraffazione. Al contrario è sufficiente «anche la reiterazione di condotte consapevolmente offensive – si legge nella sentenza – sorrette da dolo generico, che risultino tali da generare sofferenza nella vittima, soprattutto quando tali offese siano in grado di incidere sul rapporto padre-figlio». La Cassazione annulla l’assoluzione della donna e rinvia alla Corte d’appello, invitandola a rivedere il giudizio.
La Corte territoriale aveva, infatti, escluso il reato in danno del coniuge perché le ingiurie e le minacce non gravi non avevano una rilevanza penale, in assenza di una vessazione nei confronti di una persona vulnerabile. Anzi, visto che gli atteggiamenti sopra le righe della donna erano il segnale di un disagio, era forse proprio ilpresunto maltrattato che avrebbe dovutosostenerla materialmente e moralmente. I giudici di seconda istanza non avevano dato alcun valore invece alla sofferenza dell’uomo che veniva sistematicamente insultato davanti al figlio, per amore del quale restava in famiglia e sopportava le tempeste coniugali e il pesante clima familiare.

La Cassazione ribalta la decisione della Corte d’appello e riconosce il reato di maltrattamenti in famiglia anche senza una persona vulnerabile coinvolta
16 aprile 2025


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